Mezza maratona "Gensan Giulietta & Romeo" 2019, la mia miglior gara


Domenica 17 febbraio scorso ho partecipato alla "Gensan Giulietta & Romeo 21K” a Verona. Questa è la cronaca di quella che è stata la mia mezza maratona più bella.

Il viaggio

Partenza di buon mattino, appuntamento al distributore di Carrè con Mauro e Monica e poi via in autostrada verso Verona.
Chiacchierando il tempo e i chilometri scorrono veloci, dopo circa un’ora arriviamo a Verona, senza trovare particolare traffico. I cartelli stradali ci guidano verso lo stadio Bentegodi, dove troviamo subito un posto libero nel parcheggio di fianco allo stadio, a pochi metri da dove è prevista la partenza della gara. Lasciamo l’auto e ci dirigiamo verso l’Expo organizzato al vicino AGSM Forum.

Expo e pre-gara

Incrociamo per un attimo Stefano Baldini (ho saputo poi che è diventato coach di Valeria Straneo, vincitrice della gara), ma non ho il tempo per chiedergli una foto assiemeLa zona esterna del palazzetto brulica di runner, qualcuno già sta correndo per il riscaldamento (sono le 08.30, la gara parte alle 10.00!). Anche dentro il palazzetto è abbastanza pieno, alcuni stand di sponsor e organizzatori sul campo, mentre le tribune sono gremite di persone che si preparano alla gara.
Usciamo per bere un caffè, manca ancora un’ora alla partenza della gara, ma i bar del palazzetto sono chiusi e fuori non se ne vedono. Stiamo allora a chiacchierare per qualche minuto, scaldandoci al pallido sole invernale e nel frattempo arrivano anche gli altri del FAIZanè Runner Team. Scambiamo qualche parola di rito, poi andiamo dentro al palazzetto per cambiarci e bere un caffè dai distributori automatici.

Usciamo per fare qualche foto e per scaldare le gambe, giusto qualche minuto, anche per smaltire un po’ la tensione della gara, che comincia a farsi sentire. Fa meno freddo di quello che ci aspettavamo, e indosso solo una maglia termica ma a manica corta, coi manicotti.

Ci avviamo alla zona partenza, e saluto Mauro, che è nella zona azzurra, mentre io sono nella zona rosa, dove ci sono i runner più lenti. Lui mi lascia dicendo "Oggi fai 1 ora e 35', devi solo esserne convinto!". Io molto più realisticamente spero di battere il mio PB (1h41'). Entrando in zona rosa incrocio una ragazza con le stampelle (!), che partecipa alla staffetta, le faccio i complimenti per la determinazione e il coraggio. L’ora della partenza si avvicina. In mezzo alla folla di runner (ma quanti siamo?) intravedo, a qualche decina di metri più avanti, i palloncini colorati dei pacer a cui conto di agganciarmi per tenere un passo regolare, senza partire a razzo come faccio di solito. La tensione sale, e chiudo gli occhi per qualche minuto, cercando di respirare lentamente, con la pancia.

La gara

Finalmente lo sparo e si parte! Anzi, si cammina fino alla linea di partenza, passa almeno un minuto prima di poter avviare il Garmin, e poi si parte davvero. Cerco di recuperare velocemente sui palloncini colorati che vedo sobbalzare a qualche centinaio di metri davanti a me. Passo i palloncini dei 1h50, poi 1h45… arrivo al primo chilometro e sono sui palloncini verdi di 1h40. Tengo il loro passo, ma ho il fiato corto, mi sembra siano più veloci della tabella. Infatti stanno recuperando il tempo che hanno perso anche loro alla partenza, in modo da portarci all’arrivo entro l’ora e quaranta del cronografo ufficiale.

Al secondo chilometro c’è una piccola salita (chi aveva detto “è tutta piatta”!??!) e per me comincia la sofferenza. Nonostante sia sempre con il fiato corto, resto attaccato ai pacer, tanto che ogni tanto vado a sbattere sui palloncini verdi. I pacer fanno il loro, incitando il loro codazzo a tenere il ritmo.
Intanto intravedo Verona sullo sfondo, passiamo per Corso Porta Nuova, poi un ponte sull’Adige e torniamo verso lo Stadio. Cinque chilometri passano velocissimi, e al ristoro afferro un bicchiere di acqua, ma ne verso buona parte per strada.

Allo stadio arriviamo ai 10 km, intravedo le persone che fanno il cambio della staffetta, poi si torna verso il centro di Verona. Nella mia mente si alternano momenti di “hey, riesco a tenere il passo!” a “hey, non ce la farò mai a star dietro a questi!”. Tra una curva a destra e una a sinistra, per una strana coincidenza di fattori mi ritrovo a correre 50 metri davanti ai pacer. Mi sembra di essere un bambino che fa i suoi primi passi e si gira a guardare continuamente se la mamma è ancora lì dietro. (son proprio un poppante quando si parla di running!) Qualche minuto e il bambino ritorna prudenzialmente a seguire la mamma.

Apro coi denti un gel, che non vuol saperne di aprirsi come deve aprirsi e alla fine mi esplode in mano, versando buona parte del contenuto appiccicoso sulle mani. Ne recupero un po’, ma corro per buona parte del resto della gara con una mano incollata dallo zucchero del gel.

Arriviamo per la seconda volta alla salitella e questa volta la sento sulle gambe (sono una schiappa totale in salita!), ma per fortuna è breve. Il secondo giro è abbastanza diverso dal primo, si resta in giro il centro storico, vedo sfilare Piazza delle Erbe, e  ponti sull’Adige (quanti ne abbiamo passati?). Al 15esimo chilometro mi sento molto stanco e al ristoro mi fermo a bere due bicchieri di sali, e poi recupero rapidamente sui pacer. Quando il Garmin vibra per il 17esimo chilometro mi accorgo che i pacer sono un 30-40 metri davanti, stringo i denti e li recupero.

Al 19esimo chilometro i pacer rallentano, incitando il gruppetto di sopravissuti ad accelerare per lo sprint finale (accelerare? qua si tratta di rantolare fino al traguardo!) Il 20esimo chilometro è il mio più lento. Senza la guida dei pacer mi sento perso. Mi accorgo che qualche runner mi supera, sto davvero andando lento, ma non ho la forza per reagire (un altro ponte! mi volete morto!)

Passo il cartello dei 21 chilometri e cerco di spingere per abbreviare la sofferenza. Proprio in quel momento, o forse proprio perché cerco di spingere di più, un crampo mi attanaglia il polpaccio destro. Rallento un po', cerco di rilassare il muscolo e allungo la falcata, ma non passa. Finendo il giro attorno all'Arena, intravedo il cronografo ufficiale, che segna 1h 39' e pochi secondi. Mi rendo conto in quel momento che sto migliorando il mio primato personale, e dimentico il dolore al polpaccio mentre corro sul tappeto azzurro dell'arrivo.

Arrivo a braccia alzate, gridando tre o quattro volte, sia per la gioia che per il dolore. È il momento più difficile e più dolce della mia gara. Anche se sto gridando, nessuno degli altri runner si avvicina. Ognuno di noi ha combattuto la sua personale battaglia, e ha vinto. L'arrivo è il momento in cui ci si gode la vittoria. Fermo il Garmin a 1h39'08'', primato personale! 

La cosa che mi fa sorridere è che sono migliorato moltissimo, ma insieme a me sono arrivate decine di altre persone. Quello che è un primato per me, per gli altri attorno magari è una gara normale, o magari anche una pessima gara! Alla fine, quello che conta è solo battere se stessi.

Faccio qualche passo e trovo Mauro, che arrivato un minuto avanti a me, e coach Mauro, arrivato ancora prima. Scambiamo qualche parola, siamo tutti soddisfatti della gara. Dopo qualche minuto arrivano anche altri due runner di Zanè, la loro gara non è andata benissimo, ma la soddisfazione di averla conclusa è comunque grande.


Mangiamo qualcosa al ristoro finale, e poi usciamo per cercare le nostre donne, che hanno il cambio. Ci cambiamo in Piazza Bra, in mezzo ad altre runner in mutande, nessuno ha voglia di prendere il pulman per andare alle docce! Qualche foto di rito e poi andiamo a mangiare un boccone.

Un po' acciaccato mi godo il sole di Verona, che nel frattempo è diventato limpido e primaverile. Arrivederci Verona, ci vediamo in autunno per la mia prima maratona!

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