La mia "La corsa del Trenino", con Dorando Pietri


Domenica 10 giugno ho partecipato per la prima volta a "La corsa del Trenino", una gara di corsa in montagna di 22 chilometri che arriva ad Asiago (VI), sull'Altopiano dei Sette Comuni. Non avevo in programma di partecipare a questa gara, sto preparando "La Enego Marcesina" di metà Luglio ma alcuni amici hanno insistito così tanto che alla fine ho accettato. Pensavo di sfruttare questa gara come un "lento lungo", poi le cose sono andate diversamente, e forse è anche meglio così.
"La corsa del Trenino" parte da Cogollo del Cengio, alle pendici delle montagne vicentine, e sale sull'Altopiano di Asiago passando per il tracciato della ex "Ferrovia Rocchette - Asiago". Ad essere precisi, la prima parte sale sul tracciato della ex-strada "Costo Vecchio" e su sentiero, mentre si corre sul tracciato della ex-ferrovia nella seconda parte della gara, da Tresché Conca ad Asiago.

La partenza

Domenica ci siamo svegliati con comodo, avendo la gara vicina a casa. Stefania ha fatto la gara l'anno scorso, più camminando che correndo, e mi ha invogliato a farla. Fatta colazione siamo passati a prendere il nostro amico Mauro e in pochi minuti siamo arrivati alla partenza della gara, posta presso il campo di calcio di Cogollo. Il tempo era bello, c'era una certa umidità e la temperatura era già alta (8 di mattina). Il solito rituale pre-gara: cambio delle scarpe, consegna della borsa al deposito, qualche chiacchiera con gli altri runner, cinque minuti di riscaldamento sulle stradine lì vicino e svuotamento vescica nella campagna circostante - la coda ai bagni era lunghissima!
Ospite della manifestazione era il mitico Gelindo Bordin, campione olimpico di Maratona a Seul, che alle parole di rito unisce un consiglio prezioso: "Partite piano!". Nella mia breve vita di runner mai consiglio fu più giusto... e inascoltato! Ancora pochi minuti e poi... si parte!

La salita

Dopo il primo chilometro facile in centro paese si comincia subito a salire sulla ex-strada del "Costo Vecchio". La strada è stretta, pare impossibile che una volta ci passassero le auto, tutto un susseguirsi di curve e tornanti, prima su asfalto e poi su sassi. La salita è impegnativa, dopo 3 chilometri siamo già saliti di 200 metri. Arrivo al primo ristoro, dove bevo un bicchiere di sali in velocità e riprendo a correre. Sto sudando copiosamente ma riesco a tenere una andatura dignitosa. Al sesto chilometro sono però molto stanco, sono sul tratto più ripido di tutta la gara. Al settimo devo rallentare fino a camminare. Intanto abbiamo abbandonato la strada e percorriamo alcuni tratti di sentiero in mezzo al bosco. In alcuni tratti il sentiero è lastricato di grosse pietre lisce e umide, ad ogni passo si scivola e si rischia di cadere. Impossibile correre! Per fortuna il tratto è abbastanza breve, e si arriva al secondo ristoro, dove bevo ancor di più del primo, e riesco a ripartire a correre.
Continuo a sudare tantissimo, l'umidità resta molto elevata, anche se ormai siamo attorno ai 1000 mt di quota. La strada continua a salire, ma il panorama circostante è cambiato: adesso passiamo in mezzo a campi di erba e  incontriamo alcune case, siamo sull'Altopiano. Dopo 9 chilometri di salita durissima, la pendenza si addolcisce e poi si comincia a scendere, finalmente posso tirare il fiato.

Sull'altopiano

La corsa si fa più facile, e i tempi al chilometro più brevi. Arriviamo a Treschè Conca, il primo paese che si incontra quando si sale sull'Altopiano. Qui c'è la "zona cambio" della staffetta e il terzo ristoro. Bevo ancora qualcosa, sono indeciso se prendere anche da mangiare - sui banchetti c'è ogni ben di Dio - ma sono abbastanza stanco e ho paura che mangiare mi faccia sentire peggio. Alla fine non mangio niente, ma rimpiango amaramente il gel energetico rimasto nella borsa.
Da Treschè Conca si prende una pista ciclabile, che è il percorso della ex-ferrovia, passando per un paio di freddi tunnel umidi, per arrivare a Cesuna e poi a Canove. Questa è la parte più facile della gara, le pendenze sono molto blande. Da Cesuna a Canove si attraversa il "Bosco Nero", un bosco di conifere che da solo vale il biglietto della gara, dove si incontrano molte persone a passeggio. Il fresco dell'ombra e la leggera discesa mi rinfranca.

Delirando Dorando

Uscendo dal bosco in direzione Canove la strada riprende leggermente a salire. Sono al chilometro 18 e vado in crisi. Vuoi per la disidratazione, vuoi per la stanchezza - sono passate più di due ore dall'inizio della gara - devo di nuovo mettermi a camminare. Adesso sono proprio senza energie, faccio fatica anche ad andare dritto! Sono davvero molto stanco, rimpiango ancora una volta di non aver messo qualcosa di più solido nello stomaco.
Mentre arranco vedo le immagini in bianconero di Dorando Pietri allo stadio di Londra, Olimpiadi del 1908, quando barcollando e cadendo più volte arriva al traguardo della maratona sorretto da medici e giudici di gara. Mi vedo nella stessa situazione con il pubblico a bordo strada che mi incita e sorregge negli ultimi chilometri della mia fatica. Mi guardo intorno, a bordo strada non c'è nessuno, e forse è meglio così. Mi sono trovato spesso a guardare con occhio critico chi fa sforzi più grandi delle sue possibilità, rischiando anche di farsi del male, e oggi che mi ritrovo in una situazione simile non ne sono particolarmente orgoglioso.
Il mio giudice di gara si materializza pochi metri dopo arrivando a Canove, nelle sembianze di un alpino di servizio al controllo del traffico mi dice "A 50 metri c'è un ristoro!". Spremo le ultime energie e mi fiondo al ristoro. Bevo 4-5 bicchieri di acqua-coca-sali-qualsiasi-roba in rapida successione e mangio un paio di fette di arancia. Riparto di buona lena, ma mi sento un Barbapapà con lo stomaco che gorgoglia come una borraccia dell'acqua calda.

Arrivo e ritorno

Da Canove all'arrivo di Asiago sono 2-3 chilometri, in discesa tranne l'ultimo chilometro che è in leggera salita. Cerco di non pensarci e trotterello cercando di non forzare. Il cartello "Ultimo chilometro" è situato proprio all'inizio della salita finale. La affronto piano, poi mi rendo conto di avere ormai superato la crisi e quindi accelero, fino al traguardo dove spicco un salto di gioia e liberazione (vedi foto). Atterrando mi prende un crampo al polpaccio che mi indica chiaramente che sono arrivato al limite. Chiudo la gara in 2 ore e 42 minuti, un'eternità, ma soprattutto una fatica tremenda. È sicuramente la gara più dura che ho fatto nella mia (breve) carriera da runner.
Al ristoro finale arraffo qualche fetta di dolce, e scambio qualche parola con Mauro, che è arrivato più di mezz'ora prima, e ha già fatto la doccia. Vado anch'io a farmi una doccia, poi aspetto la mia dolce metà.
Stefania arriva venti minuti dopo con il suo passo tranquillo, anche per lei è stata una faticaccia, ma ha migliorato nettamente il tempo dell'anno scorso (brava!). Il tempo di fare un paio di foto e prendiamo il pullman per tornare alla partenza, dove abbiamo lasciato l'auto.
La corriera è zeppa di runner, ma troviamo un paio di posti a sedere. Discesi dal pullman, ci avviamo zoppicanti verso le auto. L'onda di persone che si disperde nel parcheggio, muovendosi a scatti con fatica sembra più un'orda di zombie che di atleti.

Considerazioni finali 

A mente fredda potevo affrontare meglio la gara, evitando questi errori:
  • ho bevuto poco all'inizio, avrei dovuto bere di più fin dai primi ristori, avendo sudato moltissimo nella prima parte di gara, la più dura
  • ho mangiato niente in tutta la gara, ma dopo un'ora di corsa avrei dovuto reintegrare le energie con un gel o una barretta energetica
  • ho sbagliato pensando di farla come allenamento, quando ci si trova in mezzo ad altri concorrenti è praticamente impossibile andare piano, perché l'agonismo ha il sopravvento - almeno sul sottoscritto.
Sono comunque soddisfatto dell'esperienza: la gara è in un posto molto bello, l'organizzazione era perfetta, i ristori piazzati nei punti giusti e tutti assolutamente necessari, vista la difficoltà del percorso.

Commenti

Post più popolari